martedì 2 luglio 2019

DiCinema: la nuova Hollywood

DiCINEMA: JOAQUIN PHOENIX
Un viaggio nello star system mondiale, per conoscere gli attori e i registi che hanno rinnovato l’ultima generazione di miti in celluloide
Bad boy del cinema internazionale, il talento che ha saputo imporsi da grande protagonista nella mecca hollywoodiana, nelle qualità di attore di Joaquin Phoenix.
Vite sospese nel tragico gioco delle avversità. Un cliché arduo, se consideriamo la vita difficile di chi sceglie l'arte come potenziale da cui attingere il difficile mestiere di sopravvivere. Famiglie il cui totem dissacratorio diventa l'apice di un successo inseguito, quanto l'avercelo appiccicato addosso, come marchio indelebile di altrettanta “dote” non voluta. Terzogenito di cinque figli, Joaquin cresce in una famiglia hippie, immersa in quegli spostamenti frutto di una devozione paterna al culto di comunità poco consone ai dogmi tradizionali della società consumistica. Un battesimo artistico eccentrico, nelle prime esibizioni “on the road”, in cui sono stati coinvolti il fratello maggiore River (dalla notorietà celebre, annientata da una morte precoce e maledetta) e da cui scaturirà il primo contratto offerto dalla Paramount. La prima apparizione nel serial televisivo Sette Spose per Sette Fratelli, per avviare una carriera artistica totalmente immersa in quel cognome, scelto dai genitori come monito alla stessa Araba fenice, capace di risorgere dalle proprie ceneri. Il primo film di richiamo arriva con la firma di Ron Howard, Parethood (Parenti, amici e tanti guai), corale farcitura di attori per una commedia che ha ispirato l'omonima serie televisiva sempre prodotta dal regista. Seguono due prove di alto valore, nei rispettivi Da morire di Gus Van Sant e U Turn di Oliver Stone. Sono biglietti da visita di una carriera ampiamente avviata, che continua con scelte artistiche che lo portano ad evidenziare quel nome artistico così propiziatorio per l'attore. Si passa, quindi, da 8mm – Delitto a luci rosse di Joel Schumacher alla prima consacrazione di attore per mano di Ridley Scott, nell'interpretazione dell'imperatore romano Commodo in Il Gladiatore. Si affianca al talentuoso Mel Gibson per Signs di M. Night Shyamalan, che lo dirige per l'ennesima volta in The Village, per arrivare alla performance del biopic dedicato alla vita di Johnny Cash, Quando l'amore brucia l'anima – Walk the Line (diretto da James Mangold). Altro ruolo importante nel crepuscolare I Padroni della notte, nello scomodo ruolo di un agente infiltrato nei traffici di droga, per essere diretto sempre da James Gray in Two Lovers. Casey Affleck gli dedica un intero biopic nell'inedito Joaquin Phoenix-Io sono qui!, per passare nelle abili mani di un originale Woody Allen che lo dirige in Irrational Man. Gus Van Sant lo reclama per l'ennesimo ruolo rilasciato in Don't Worry, per consacrarsi al genere western, in una rivisitazione abilmente diretta da Jaques Audiard in I Fratelli Sisters. Tutto in quel nome eternamente consacrato a un destino che lo ha già innalzato nell'olimpo dei grandi del cinema mondiale, per un cammino di artista ancora da riscrivere.

Paolo Vannucci

venerdì 17 maggio 2019

DiCinema: la nuova Hollywood

DiCINEMA: BRADLEY COOPER
Un viaggio nello star system mondiale, per conoscere gli attori e i registi che hanno rinnovato l’ultima generazione di miti in celluloide
Faccia da brava canaglia, il talento che ha saputo imporsi da grande protagonista nella mecca hollywoodiana, nelle qualità di attore di Bradley Cooper.
L'immedesimazione tra personaggio e attore, molte volte nasconde una verità molto differente da ciò che normalmente il pubblico può immaginare, in senso positivo… ovviamente. Bradley Cooper rappresenta quel talento genuino scaturito da una effimera intelligenza, capace di dispensare ruoli ambigui che trapelano quella genuinità che solo i grandi attori riescono ad avere. Di natali irlandesi e italiani, il giovane Bradley si diploma alla Actors Studio Drama School, per un battesimo artistico tipicamente televisivo, passando dalle prestazioni devolute in Sex and the City a Alias, per approdare al cinema con ruoli prestati quasi esclusivamente alla commedia. Si evidenziano titoli come 2 single a nozze (di David Dobkin) e A casa con i suoi, per continuare con un genere dissacratorio nei rituali devoluti in The Rocker – Il batterista nudo, a Yes man (di Peyton Reed). Ma il primo grande successo, sempre sul filone di un genere ormai calato su misura per l'attore, arriva con il primo episodio di Una notte da leoni (di Todd Phillips), a cui segue il felice remake di un classico televisivo in A-Team, diretto da Joe Carnahan, al fianco di Leam Neeson e nel ruolo di “Sberla”. Distaccandosi dalla commedia da botteghino, arriva l'atipico ruolo di un bipolare maniacale in Il lato positivo, per cominciare ad arridere alle felici tentazioni da Oscar con American Hustle – L'apparenza inganna, diretto da David O. Russell, che lo ridirige in Joy. Clint Eastwood lo immerge nel drammatico American Sniper (altro avvicinamento all'Oscar), per approdare ad una consacrazione canora al fianco di Lady Gaga, in A Star is Born, ottimo anche nei panni di regista, oltre che felice interprete. Un talento, quindi, di alte pretese, che sanno premiare una carriera ancora tutta da scrivere.
Paolo Vannucci



lunedì 8 aprile 2019

DiCinema: la nuova Hollywood

DiCINEMA: BEN AFFLECK
Un viaggio nello star system mondiale, per conoscere gli attori e i registi che hanno rinnovato l’ultima generazione di miti in celluloide
Carisma volitivo e impegno, il talento che ha saputo imporsi da grande protagonista nella mecca hollywoodiana, nelle qualità di attore di Ben Affleck.
Diventare un'immagine di stile, destreggiandosi tra la commedia drammatica intrisa di messaggi e contenuti unita alla leggerezza ormai tipica degli script statunitensi, non è impresa facile e di poco conto. Ben Affleck, quella scommessa l'ha vinta… e con successo. Affiancato al fratello Casey, decisamente hanno onorato i meriti di una famiglia medio borghese. I primi passi nel mondo del cinema li muove con L'uomo dei sogni, comparsa al fianco di Kevin Costner. Suddivide poi il suo impegno tra la televisione (Buffy L'Ammazza Vampiri) e il cinema, con il distinto Generazione X, diretto da Kevin Smith. La prima grande consacrazione di attore e autore, arriva con Will Hunting Genio ribelle (diretto da Gus Van Sant), aggiudicandosi il primo Oscar per la migliore sceneggiatura. La carriera di Ben è un susseguirsi di felici successi commerciali, cominciando dal fortunato Armageddon Giudizio finale, apocalittico polpettone made in USA diretto da Michael Bay, a cui seguono Shakespeare in Love (di John Madden) e Dogma (sempre diretto da Kevn Smith). Di riuscito impatto, sempre diretto da Michael Bay, arriva la consacrazione di Pearl Harbor, ottimo mix di commedia drammatica e melodramma in puro stile hollywoodiano, a cui si uniscono Ipotesi di reato (di Roger Michell) e Al vertice della tensione (di Phil Alden Robinson). Il grande successo devoluto dalle saghe firmate dai Super eroi Marvel e DC, arriva con il pragmatico Daredevil, diretto da Mark Steven Johnson, a cui si affianca (qualche anno più tardi) il riuscito Batman v Superman: Dawn of Justice, miscelando echi di conflitti post terroristici all'anima del puro fumetto firmato Frank Miller. Da sottolineare, l'impegno intriso nel documentario Fahrenheit 9/11, a cui seguono pellicole di moderato successo, tra cui si evidenzia Hollywoodland, biopic dell'attore che per primo innalzò il mito dell'uomo d'acciaio in calzamaglia. Di spicco rimane The Company Men (diretto da John Wells), prima di approdare alla seconda consacrazione da Oscar (questa volta per il miglior film) con il succulento Argo. Il cammino firmato da regista, prosegue con il corposo La legge della notte, rivisitazione del genere “bulli e pupe” di ottima annata, per rinvigorire la parte del pipistrello mascherato con i riusciti successi di botteghino siglati Suicide Squad e Justice League. Decisamente un ottimo mix di scelte accurate e ben cucite addosso alle spalle di un attore che ha saputo calibrare talento e quel pizzico di fortuna che ha sempre arriso ai grandi di Hollywood.
Paolo Vannucci



lunedì 4 marzo 2019

DiCinema: la nuova Hollywood

DiCINEMA: RAMI MALEK
Un viaggio nello star system mondiale, per conoscere gli attori e i registi che hanno rinnovato l’ultima generazione di miti in celluloide
Carisma enigmatico e impegno, il talento che ha saputo imporsi da grande protagonista nella mecca hollywoodiana, nelle qualità di attore di Rami Malek.
In un momento in cui il tema dell'immigrazione sembra destare interessi politici che oltrepassano il confine della ragione, quello che sembra innalzarsi come monito a quell'umanità che vuole solo premiare i meriti oltre il confine dettato dal colore della pelle, diventa la vittoria morale di chi si impegna a migliorare il mondo in cui viviamo, in tutti i campi possibili. Rami Malek, naturalizzato statunitense di nascita e di origini egiziane, ha saputo imporsi con determinazione e quel talento naturale che ti scruta come quei suoi occhi limpidi e penetranti. Diplomatosi all'Università di Evansville, il percorso artistico inizia con le prime comparsate televisive, prendendo parte a serie come Una Mamma per amica, The War at Home, Medium e 24. Ma il grande successo arriva con la consacrazione del personaggio Elliot Alderson, in Mr. Robot, aggiudicandosi un Premio Emmy per la migliore interpretazione. Il cinema lo inizia a corteggiare, iniziando con delle miti partecipazioni a felici blockbuster quali Una notte al Museo e l'ultimo capitolo della saga vampiresca di Twilight, Breaking Dawn. Ruoli marginali che però mettono in luce il carisma del giovane Malek, capace di passare dalla felice commedia firmata Tom Hanks in L'Amore all'improvviso – Larry Crowne, alle tinte adolescenziali di un genere adrenalinico firmato da Scott Waugh in Need for Speed. Ma il cinema d'impegno non tarda a riconoscerlo, prendendo parte a forti produzioni firmate dal grande regista Spike Lee per il suo Oldboy e, successivamente, per Il Sangue di Cristo. Ruoli che lo mettono sempre più in luce, amalgamando carattere e determinazione nell'espressività incisiva del proprio carisma di attore. La dimostrazione più forte arriva con il remake di Papillon firmato da Michael Noer, una delle svolte più radicali del cinema del giovane Rami, prima di arrivare al grande successo di un biopic che ha saputo non solo celebrare la grandezza di un gruppo musicale nel proprio leader, ma consolidare la validità di un attore carismatico capace di assorbire e ritrasmettere intatte le emozioni del pubblico. Un'interpretazione che ha saputo ridare un Freddie Mercury molto fedele all'originale, declamando quelle parole e musica che hanno scritto la storia del Rock firmato da un gruppo come i Queen. Tutto questo in Bohemian Rhapsody, diretto da un calibrato Bryan Singer, per un meritato Oscar alla miglior interpretazione maschile ad un Rami Malek che sta percorrendo il proprio cammino di stella in ascesa.
Paolo Vannucci



venerdì 25 gennaio 2019

DiCinema: la nuova Hollywood

DiCINEMA: TOPHER GRACE
Un viaggio nello star system mondiale, per conoscere gli attori e i registi che hanno rinnovato l’ultima generazione di miti in celluloide
Volto mite e acqua e sapone del cinema, il talento che ha saputo imporsi da grande protagonista nella mecca hollywoodiana, nelle qualità di attore di Topher Grace.
Quando la timidezza riesce a conquistare il cuore delle ammiratrici, questo è indubbiamente il biglietto da visita di un attore che sta percorrendo il proprio cammino e la maturazione artistica con sobrietà e stile. Topher Grace, classe '78, deve la propria fortuna alla sit-com That '70s Show, che lo ha prepotentemente proiettato verso quel percorso cinematografico che lo ha sempre delineato come autentica promessa di quella commedia americana che lascia decisamente il segno. Iniziando dal battesimo firmato Steven Soderbergh, Traffic, la vera determinazione si consacra con il progetto delizioso diretto da Mike Newell, Mona Lisa Smile, affiancato alla protagonista Julia Roberts. Altro riuscito ruolo diventa In Good Company, confermando il proprio talento di attore mite ed equilibrato. Decisamente determinante appare la partecipazione nella trilogia diretta da Sam Raimi, dedicata a Spider Man, interpretando Venom nel terzo episodio. La commedia lo reclama, partecipando al tradizionale paniere di buoni sentimenti firmato da Garry Marshall, Appuntamento con l'amore. Altra incursione nel filone fantasy rappresenta il passo dedicato a Predators, per infittire la propria carriera in quei ruoli che lo hanno sempre delineato, passando da The Double a Big Wedding. Il progetto ambizioso di Christopher Nolan, Interstellar, sembra il compimento di quella notorietà acquisita, senza dover traumatizzare un pubblico che lo apprezza in ogni sua trasformazione di attore, consapevoli di un talento che non ha bisogno di passi eclatanti, ma solo di quella giusta moderazione per continuare ad immergere il proprio cliché. Ruoli acquisiti nei successivi American Ultra e Truth rimangono sempre quelle piacevoli conferme di un talento sapientemente gestito e calibrato. Rimangono incisive le incursioni offerte in Open Night di Jack Henry Robbins e il successivo War Machine, per approdare nelle sapiente mani di uno Spike Lee d'autore che lo ridipinge nel proprio Blakkklansman, confermando un percorso di attore tutto in ascesa.
Paolo Vannucci