venerdì 19 agosto 2022

L’ULTIMO SALUTO A WOLFGANG PETERSEN… la sua “Tempesta Perfetta”

L'ULTIMO SALUTO A WOLFGANG PETERSEN

Si spengono i riflettori sul regista tedesco che ha impreziosito l’ultima era del cinema statunitense

Si è spento lo scorso 12 Agosto, a Los Angeles, l’ottantunenne regista tedesco Wolfgang Petersen. Una perdita incolmabile, se consideriamo le sue opere più importanti che hanno traghettato il cinema europeo d’esportazione in quel sodalizio hollywoodiano indispensabile nel valorizzare i virtuosismi di ogni buon successo commerciale. Una carriera iniziata in quei primi cortometraggi riposti nella propria formazione registica e teatrale, che mettono in luce le doti riposte nel suo primo film di successo U-Boot 96, in una trasposizione realistica e visionaria di un cinema sempre fedele ai rigidi canoni interpretativi del war movie d’annata. Un film che sancisce quel breve sodalizio musicale riposto nel compositore Klaus Doldinger, devoluto nel suo più importante kolossal rilasciato dal best seller di Michael Ende, La Storia Infinita. Alto budget e incassi esorbitanti (indimenticabile la hit omonima prodotta da Giorgio Moroder e cantata da Limahl) che celebrano l’ascesa del regista, valorizzata dal successivo Il mio nemico, un piccolo gioiello di stile e filosofia regalato dall’interpretazione dei suoi stessi protagonisti, Louis Gossett Jr. e Dennis Quaid. Si susseguono produzioni di facile presa, rilasciate ai nomi di prestigio del cinema del periodo, da Tom Berenger (Prova schiacciante), Clint Eastwood (Nel centro del mirino) e Dustin Hoffman (Virus letale). Un “ritocco presidenziale” nella drammaticità espressa dall’accoppiata Ford-Oldman (Air Force One), per immergersi nella battuta di pesca più dispersiva e devastante interpretata da un cast riuscito e bilanciato tra cui spiccano George Clooney e John C. Reilly (La tempesta perfetta), quest’ultimo sublimato dalla recente candidatura ai Golden Globe per la calzante interpretazione nel biopic Stanlio e Ollio. La più alta celebrazione al peplum d'élite nello sfarzoso Troy, un vero e proprio crogiolo di star nelle dispute omeriche estasiate dalle fisicità dei suoi stessi interpreti, dall’Achille di Brad Pitt all’Ettore di Eric Bana, sotto l’ala putativa di un patriarcale Peter O’Toole a rinverdire un genere cinematografico ormai assopito. L’opera registica di Petersen ritrova un impeto di fulgore nel genere catastrofico espresso dal suo Poseidon, un riuscito accostamento al mix adrenalinico rilasciato da L’inferno di cristallo di John Guillermin e lo stesso Titanic di James Cameron, superato negli effetti speciali devoluti dalla stessa Industrial Light & Magic nel regalarci nuove prodezze in computer grafica e pixel. Un lutto sentito e celebrato, quindi, per ricordare un regista che ha saputo valorizzare quel prestigio che solo nomi come Fritz Lang e Werner Herzog hanno saputo innalzare, nell’importanza di un’arte cinematografica che rimarrà come testimonianza di un lascito unico e inimitabile.

Paolo Arfelli Vannucci

domenica 14 agosto 2022

UNA SERA A CENA (Racconto)

 

UNA SERA A CENA

"Apparentemente una serata qualunque, immersa nelle vie spoglie e silenziose tipiche della periferia moderna. Non è ancora buio, ma le fioche luci che riflettono voci e gesti visibili dall'esterno delle finestre, accendono di vita il tramonto di una giornata."


Un racconto nato per rendere omaggio a uno scrittore, Italo Calvino, che mi ha accompagnato nelle prime letture dell’infanzia, sui banchi di scuola con un libro di Marcovaldo e l’amorevole insegnamento di una maestra che conserverò nei miei più cari ricordi per tutta la vita. Quella narrativa essenziale e affidata alla fantasia dei suoi personaggi. Oggi, ho potuto arricchire l’immaginario della mia narrazione, unendo due mondi distinti e unici dello stesso scrittore, conferendo a Il Barone Rampante quelle prerogative indispensabili per completare il simbolismo dei suoi personaggi autentici, nella mia originale rilettura.


Clicca sul link per leggere il racconto:

https://www.wattpad.com/story/319125271-una-sera-a-cena

mercoledì 10 agosto 2022

QUELLA PICCOLA BASTARDA (Racconto)


QUELLA PICCOLA BASTARDA

Alessandro Acerbi è un attore emergente che ha un desiderio: possedere l'auto maledetta di James Dean, la "Little Bastard". Per festeggiare la scrittura ad un'importante produzione cinematografica, l'acquista, ignorando la malasorte. Fino all'ultimo.


Alessandro Acerbi stava appoggiato al solito bancone elegante di un bar di Piazza del Duomo. Aveva ordinato un espresso e non riusciva a distogliere lo sguardo dai volti fuggenti di chi entrava e usciva dal locale. Gente sconosciuta, senza famigliarità acquisita da quell'assidua frequentazione che aveva maturato sin da quando aveva preso una casa nel centro di Milano. Ed erano passati ormai cinque anni, praticamente una vita, visto che ne aveva ventinove. Faceva l'attore, e con successo. D'altronde la determinazione non gli era mai mancata. Suo padre faceva l'assicuratore e sua madre l'insegnante di lettere. Una bella famiglia, anche se il cruccio di essere figlio unico lo aveva sempre fatto sentire un figlio incompleto. L'idea di un fratello o di una sorella maggiore o minore, per lui non aveva importanza. Gli bastava l'idea di poter aver avuto un appoggio morale fraterno quando poteva servirgli. Ma di problemi esistenziali non ne aveva mai avuti, e di questo ne andava fiero. Si era sempre sentito sicuro di se. Soprattutto del suo aspetto. Alto, longilineo, occhi chiari e capelli scuri. Per lui era stato facile inserirsi nel mondo della moda. I primi servizi fotografici per quei cataloghi di abbigliamento, con cui si era pagato la scuola di recitazione a Firenze, la città in cui era nato e cresciuto. Il salto di qualità, arrivato grazie al suo agente, nel suo primo ruolo importante. Una serie di venti episodi trasmessi dalla RAI. Chi l'avrebbe mai detto. Ma non l'aveva mai considerata fortuna. Sapeva di essere destinato a qualcosa di unico e oggi gli sforzi lo avevano decisamente premiato. La vita è un succedersi di eventi di cui si è gli unici artefici, questo aveva sempre pensato.

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Il Cinema di domani? Un po' di rispetto per il cinema di oggi


Il cinema di domani? Un po' di rispetto per il cinema di oggi
Riflessioni serie sul destino di un cinema sempre in evoluzione

Fermiamoci un momento a riflettere. Ci siamo abituati ad una società ormai satura di ambienti social, dove la tecnologia viene fagocitata e digerita con la stessa voracità di cui ce ne serviamo… Ne abbiamo veramente bisogno? La risposta rimane sempre in quell’incedere generazionale che marca non solo il trascorrere inequivocabile del tempo, ma che caratterizza la crescita morale di questa “benedetta” società che definisce e rivalorizza i principi della nostra stessa esistenza. Il nostro pianeta invecchia sempre di più, che lo vogliamo o no… e noi siamo sempre i soliti “egoisti” un po' superficiali, che si rendono conto un po' troppo tardi e sempre più superficialmente, che tanto il conto da pagare lo lasciamo sempre a chi viene dopo di noi.

Quello che diventa sempre più consistente, è la consapevolezza che il nostro bisogno di svago e di piacere, lo rimettiamo in quella programmazione che, per l’amor del cielo, non deve distaccarsi da una sala cinematografica impaurita da canali a pagamento pregustati comodamente nei salotti di casa. L’unica certezza la riponiamo, quindi, nel bisogno che ha l’essere umano di recitare, interpretare, raccontare la sua società, con le solite fantasie infarcite di ogni tipo di “ben di Dio”. Il linguaggio cinematografico si trasforma, velocemente e con i suoi mirabolanti sogni elettronici. Quella recitazione un po' statica che rimane sempre di più un amarcord dei nostri trent’anni fa, non assomiglia nemmeno lontanamente al cinema digitale che ci viene riproposto oggi, con l’odore acre di un umore a bruciapelo che riesce sempre di più a cogliere il respiro di ogni nostra emozione. E tutto questo ci può anche spaventare.

Se proviamo a paragonare le star di Hollywood (e non solo… ci mancherebbe) di un nostro lontanissimo passato, sono diventate l’incedere celebrativo di quei biopic che riescono, per fortuna, a farci entusiasmare e commuovere ancora. Questo perché gli anni degli attori della nostra generazione, passano inesorabilmente anche per loro. Noi li vogliamo eterni e per sempre giovani, ma purtroppo invecchiano… e si vede.

Quello che ci rimane, è la consistente tecnologia del cinema che è stato fatto, con i suoi protagonisti e le sue sorprendenti aspirazioni. Senza accorgercene, ricicliamo interi decenni in cui tutto viene celebrato, minuziosamente e con ingordigia, lasciandoci soddisfatti, ma con un interrogativo che ci teniamo sussurrato dentro di noi: “e se tutto ci dovesse bastare?”. La risposta non la vogliamo sentire… che ci piaccia o no.

Le saghe epiche si moltiplicano… i fumetti non assomigliano lontanamente a quelle strisce minimalistiche con cui sono nati (per fortuna?)… la televisione obbliga il cinema a rinnovarsi, sempre di più. Il risultato è chiaro a tutti, ma lo vogliamo ignorare. Il traguardo raggiunto sembra esorbitante, a tratti anche bizzarro, ma sempre quella scatola meravigliosa che continua a farci sognare.

Pensare che tutto possa essere stato “girato” ci spaventa e, per fortuna, ci sono ancora tanti titoli che non sono ancora stati toccati da “restyling” di dovere. Possiamo solo accomodarci in quei multisala moderni, dove tutto continua ad essere rispettoso di un cinema universale fatto di arte e mestiere, dove gli attori sono ancora in carne e ossa (e non vogliamo immaginare cosa possa diventare senza di loro) e quelle dediche nei titoli di coda ci strappano ancora quell’applauso di consenso. Ci rimane altro da dire e scrivere? Mi auguro tanto di si…

Paolo Arfelli Vannucci