DiCINEMA: JOAQUIN PHOENIX |
Un
viaggio nello star system mondiale, per conoscere gli attori e i
registi che hanno rinnovato l’ultima generazione di miti in
celluloide
Bad
boy del cinema internazionale, il talento che ha saputo imporsi da
grande protagonista nella mecca hollywoodiana, nelle qualità di
attore di Joaquin Phoenix.
Vite
sospese nel tragico gioco delle avversità. Un cliché
arduo, se consideriamo la vita difficile
di chi sceglie l'arte come potenziale da cui attingere il difficile
mestiere di sopravvivere.
Famiglie
il cui totem dissacratorio diventa l'apice di un successo inseguito,
quanto l'avercelo appiccicato addosso, come marchio indelebile di
altrettanta “dote” non voluta. Terzogenito di cinque figli,
Joaquin cresce in una famiglia hippie, immersa in quegli spostamenti
frutto di una devozione paterna al culto di comunità poco consone ai
dogmi tradizionali della società consumistica.
Un
battesimo artistico eccentrico, nelle prime esibizioni “on the
road”,
in
cui sono stati coinvolti il fratello maggiore River (dalla notorietà
celebre, annientata da una morte precoce e maledetta) e da cui
scaturirà il primo contratto offerto dalla Paramount. La prima
apparizione nel serial televisivo Sette
Spose per Sette Fratelli,
per avviare una carriera artistica totalmente
immersa in quel cognome, scelto dai genitori come monito
alla stessa Araba fenice, capace di risorgere dalle proprie ceneri.
Il
primo film di richiamo arriva con la firma di Ron Howard, Parethood
(Parenti, amici e tanti guai), corale
farcitura di attori per una commedia che ha ispirato l'omonima serie
televisiva sempre prodotta dal regista. Seguono due prove di alto
valore, nei rispettivi Da
morire
di Gus Van Sant e U
Turn
di Oliver Stone. Sono
biglietti da visita di una carriera ampiamente avviata, che continua
con scelte artistiche che lo portano ad evidenziare quel nome
artistico così propiziatorio
per l'attore. Si passa, quindi, da
8mm – Delitto a luci rosse
di Joel Schumacher alla
prima consacrazione di attore per mano di Ridley Scott,
nell'interpretazione dell'imperatore romano Commodo in Il
Gladiatore.
Si
affianca al talentuoso Mel Gibson per Signs
di M. Night Shyamalan, che lo dirige per l'ennesima volta in The
Village,
per
arrivare alla performance del biopic dedicato alla vita di Johnny
Cash, Quando
l'amore brucia l'anima – Walk the Line (diretto
da James Mangold).
Altro
ruolo importante nel crepuscolare I
Padroni della notte,
nello scomodo ruolo di un agente infiltrato nei traffici di droga,
per essere diretto sempre da James Gray in Two
Lovers.
Casey
Affleck gli dedica un intero biopic nell'inedito Joaquin
Phoenix-Io sono qui!,
per passare nelle abili mani di un originale Woody Allen che lo
dirige in Irrational
Man.
Gus
Van Sant lo reclama per l'ennesimo ruolo rilasciato in Don't
Worry,
per consacrarsi
al genere western, in una rivisitazione abilmente diretta da Jaques
Audiard in I
Fratelli Sisters.
Tutto in quel nome eternamente consacrato a un destino che lo ha già
innalzato nell'olimpo dei grandi del cinema mondiale, per
un cammino di artista ancora da riscrivere.
Paolo
Vannucci
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