DiCINEMA: TOPHER GRACE |
Un
viaggio nello star system mondiale, per conoscere gli attori e i
registi che hanno rinnovato l’ultima generazione di miti in
celluloide
Volto
mite e acqua e sapone del cinema, il talento che ha saputo imporsi da
grande protagonista nella mecca hollywoodiana, nelle qualità di
attore di Topher Grace.
Quando
la timidezza riesce a conquistare il cuore delle ammiratrici, questo
è indubbiamente il biglietto da visita di un attore che sta
percorrendo il proprio cammino e la maturazione artistica con
sobrietà e stile. Topher Grace, classe '78, deve la propria fortuna
alla sit-com That
'70s
Show,
che
lo ha prepotentemente proiettato verso quel percorso cinematografico
che lo ha sempre delineato come autentica promessa di quella commedia
americana che lascia decisamente il segno. Iniziando dal battesimo
firmato Steven Soderbergh, Traffic,
la vera determinazione si consacra con il progetto delizioso diretto
da Mike Newell, Mona
Lisa
Smile,
affiancato alla protagonista Julia Roberts. Altro riuscito ruolo
diventa In
Good
Company,
confermando il proprio talento di attore mite ed equilibrato.
Decisamente determinante appare la partecipazione nella trilogia
diretta da Sam Raimi, dedicata a Spider Man, interpretando Venom nel
terzo episodio. La commedia lo reclama, partecipando al tradizionale
paniere di buoni sentimenti firmato da Garry
Marshall, Appuntamento
con
l'amore.
Altra
incursione nel filone fantasy rappresenta il passo dedicato a
Predators,
per infittire la propria carriera in quei ruoli che lo hanno sempre
delineato, passando da The
Double
a Big
Wedding.
Il progetto ambizioso di Christopher Nolan, Interstellar,
sembra
il compimento di quella notorietà acquisita, senza dover
traumatizzare un pubblico che lo apprezza in ogni sua trasformazione
di attore, consapevoli di un talento che non ha bisogno di passi
eclatanti, ma solo di quella giusta moderazione per continuare ad
immergere il proprio cliché. Ruoli acquisiti nei successivi American
Ultra
e
Truth
rimangono sempre quelle piacevoli conferme di un talento
sapientemente gestito e calibrato. Rimangono incisive le incursioni
offerte in Open
Night
di Jack Henry Robbins e il successivo War
Machine,
per approdare nelle sapiente mani di uno Spike Lee d'autore che lo
ridipinge nel proprio Blakkklansman,
confermando un percorso di attore tutto in ascesa.
Paolo
Vannucci
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