mercoledì 16 aprile 2014

E DIO FECE IL CINEMA SACRO: NOAH

RUSSELL CROWE: NOAH


Il protagonista biblico per eccellenza nell’apògrafo viaggio visivo del regista Darren Aronofsky, con un Rusell Crowe patriarcale e biblico come da tradizione

L’Antico Testamento secondo il regista che ha saputo coniugare originalità e tradizione, per un cinema che lascia ancora perplessi. 
  
Non ci sono mezze misure: o lo si ama al primo sguardo oppure si continua a riflettere su quanta verità possa essere stata concepita per farne addirittura un film, tra atei che ostentano le pecche storiche di un miracolo che è debole e fragile quanto la stessa vanità dell’uomo, autore di un manoscritto tanto prezioso quanto riletto e reinterpretato con dovizia e meticolosità. Ne sa qualcosa lo stesso regista Darren Aronfsky, non credente e pur allo stesso modo autore di un film dove ogni passaggio biblico è citato senza troppe divagazioni del caso, vedi lo stesso peccato originale propinato come un ripetitivo rituale che non soddisfa le aspettative di chi vuole sapere un pò di più dei procreatori della razza umana, tentati da un demonio che rilascia la stessa pelle che diventa il giuramento che si tramandano le generazioni di un malcapitato Noah che deve fare i conti anche con un Matusalemme della portata di Anthony Hopkins. Ma la scelta non è casuale e il buon Crowe sente ancora l’odore degli abiti dell’arciere investito da Scott nel guidare la propria famiglia sotto il peso dell’ingrato compito di redimere il genere umano punendolo con una delle catastrofi più abominevoli che il vangelo ci possa rammentare. La presenza femminile di Jennifer Connelly è austera, amorevole e matriarcale proprio come il ruolo di Emzara pretende di esserlo, accogliendo una giovanissima Emma Watson (divagazione inesistente del regista) per risalire a quella prova di fede a cui è costretto Noah nel rinnegare l’amore per i propri figli per salvare la purezza della nuova generazione post diluvio. Il tutto condito in quella salsa di cinema che sembra voglia coinvolgere più le generazioni di giovanissimi, come una nenia immortale che sembra aver preso in prestito dispute occasionali tra lo stesso Narnia e i meticolosi Autobot di Michel Bay, ma la forza della religione può risiedere in quella fede che di luce sia fatta per tornare ad essere quello spirito santo che in fondo ci ha dato la vita. Russell Crowe permettendo...
               
               

Paolo Vannucci

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