
Dalla Palma d’Oro del regista/attore
Michael Haneke con Amour, alla
nemesi esistenziale di Robert Pattinson, per finire con la grottesca “denuncia”
all’italiana di Matteo Garrone.
Per il Red
Carpet più atteso della stagione cinematografica mondiale made in Europa, c’erano proprio tutti, patrocinati da un Nanni
Moretti “rispettabilmente”entusiasta di come siano stati egregiamente devoluti oneri
e meriti ad un cinema che nella semantica contemporanea ha dimostrato di essere
all’altezza di una Società dichiaratamente in crisi di “Valori”. Mentre
Michelle Williams rievoca le grazie patinate della Monroe, nel biopic
dell’attrice intramontabile di una plasticità iconastica che l’ha consacrata
sino all’estremo, le stelle contemporanee non hanno di certo risentito di
mancata celebrità, partendo da una Kidman sempreverde
(The Paperboy), seguita da un Brad Pitt che sembra non risentire ancora
dell’incedere di nuove leve destinate allo scettro di sex-symbol, richiamato da
Andrei Dominik dopo il “colpaccio” di Jesse James, per Killing Them Softly. Ma Cannes è fatto per il Cinema, ed è quello
che è stato soppesato, criticato e giustamente premiato, lasciando quei vuoti
destinati ai nomi che hanno mantenuto tante attese aspettative, enunciando il
tanto declamato David Cronenberg, “astro cadente” dell’edizione, giustamente innalzato dalla critica per il
suo Cosmopolis, complice il carisma
del meritevole Robert Pattinson, “provato” da una sceneggiatura che lo ha
voluto in viaggio su una bianchissima auto di lusso, alle prese con i problemi
finanziari di un ventottenne uomo in carriera, “separato in casa” da una Kirsten
Stewart, nell’analogo On the Road di
Walter Salles. La Palma d’Oro è toccata al film intimista, diretto e
interpretato da Michael Haneke, Amour, nella tragedia della malattia che segna la
vita di due coniugi artisti, tracciando un profilo umano da intenditori (già
vincitore nel 2008 con Il nastro bianco),
facendo dimenticare le improbabili
scivolate fuori concorso, vedi l’improponibile Dario Argento’s Dracula, affiancabile solo al Madagascar 3, per non deturpare l’autentica maestria di Bernardo Bertolucci
con il suo Io e Te. Ma l’Italia ha
ancora una volta avuto il suo Garrone quotidiano, bissando il precedente Gomorra (increduli, dopo le traversie
giudiziarie), riproponendo grottesche marionette di una povertà partenopea che
nei "prograammi" verità televisivi riesce a trovare la propria giusta
autoeliminazione. Per chi volesse sapere il titolo, dopo i vari cinepanettoni
vacanzieri alla Vanzina, a cui il regista deve tutto... Reality.
Palma d’oro:
Amour
di Michael Haneke
Gran premio:
Reality
di Matteo Garrone
Miglior
attrice: ex aequo per Cristina Flutur e Cosmina Stratan in Beyond the Hills di
Cristian Mungiu
Miglior attore: Mads Mikkelsen in The Hunt di Thomas
Vinterberg
Miglior
regia: Post tenebras lux di Carlos Reygadas
Miglior
sceneggiatura: Beyond the Hills di Christian Mungiu
Premio della
giuria: The Angels’ Share di Ken Loach
Paolo Vannucci
Nessun commento:
Posta un commento