sabato 9 marzo 2024

Timothèe Chalamet è di nuovo Paul Atreides nel sequel “Dune – Parte II”

Timothée Chalamet è PAUL ATREIDES
Il regista canadese Denis Villeneuve torna a dirigere un cast corale per la seconda parte dell’inedita trilogia dei romanzi di Frank Herbert

A tre anni dall’uscita del primo capolavoro del regista Denis Villeneuve, vincitore di ben sei statuette impalmate dalla Academy, arriva sugli schermi il secondo capitolo della saga, tratto dalla seconda parte del primo romanzo scritto da Frank Herbert, Dune. Un autentico e magistrale estratto di quel mondo epico fantascientifico che ha tratteggiato i caratteri aspri e taglienti di una casta eletta di nobili regnanti, in un mondo conflittuale dove potere e politica sono sorretti da una spezia intesa come nutrimento vitale intriso nella stessa Acqua della Vita, potenzialmente mortale e rigeneratrice delle stesse anime di cui si nutre. Una sottile linea di confine tra due mondi che parlano con la profonda voce di una conoscenza sorretta da una sacralità tramandata da una élite che impone il proprio sapere, come una sorta di casta femminile e portatrice di un dono celato e ambizioso. Quel mondo interiore a cui sente di appartenere il primogenito Paul Atreides, conflittuale e redentore come gli stessi dubbi che lo trascinano allo stesso destino di una famiglia perseguitata nel nome del tradimento.

Le forti tinte di un sequel tratteggiato in modo sublime, dove gli umori acri di una sacralità amara vengono orchestrati e assorbiti dalle capacità espressive dei suoi interpreti. Enigmatico rimane il protagonista sorretto da una longilinea grazia, nelle forme nervose e scaltre di un attore che sembra continuare la sua ascesa di fortunati ruoli, dove la mimica dei personaggi interpretati sembra annullarsi nel riciclo dei suoi stessi caratteri. Timothée Chalamet è il nuovo Re Mida dello star system di Hollywood, passando da quei successi che parlano nel nome di Piccole Donne (regia di Greta Gerwig, 2019) e lo stesso Wonka (diretto da Paul King, 2023), nelle stesse doti riconosciute da un Woody Allen che lo ha diretto nel suo Un giorno di pioggia a New York. A sostenerlo, valgono le decise prove di attore di una nutrita alcova di ottimi comprimari, passando da un ritrovato Javier Bardem nel ruolo di Stilgar, leader dei Fremen, colui che più crede nella profezia dello Lisan al-Gaib (il messia che porterà il popolo di Arrakis al Paradiso). Josh Brolin riveste il ruolo di Gurney Halleck, il mentore di Paul, mentre Christopher Walken evoca il cardine di Shaddam IV, il mandante dello sterminio della casta degli Atreides. Di prima grandezza il parterre femminile, guidato da una Charlotte Rampling d’effetto, nel ruolo della Reverenda Madre del Bene Gesserit. Ad affiancarla, le valide prove di Zendaya nel ruolo di Chani (la guerriera dei Fremen, primo amore del giovane Atreides e contraria alla divinizzazione del presunto Messia), e la stessa Rebecca Ferguson, nel ruolo di Lady Jessica, madre di Paul.

Un film perfetto nella sua esecuzione, dove i temi sacri sono abilmente sottolineati dalla partitura di un collaudato autore che risponde al nome di Hans Zimmer (Inception e Pirati dei Caraibi, già vincitore dell’Oscar per le musiche del primo capitolo del 2021), mentre per le location possiamo ritrovare le fortificate terre italiche di Attivole, in provincia di Treviso, con incursioni ad Abu Dhabi e le provincie della Giordania. Un film contemplativo ed epico, dove fede e tradizione sono le sole porte da attraversare, nei complessi sentieri della Vita di ognuno di noi.

Paolo Arfelli Vannucci

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