Un viaggio
nello star system mondiale, per conoscere gli attori e i registi che hanno rinnovato l’ultima generazione di
miti in celluloide
Uno dei volti più rappresentativi
della Hollywood “perbene”, nel fascino senza
tempo di un talentuoso Leonardo DiCaprio.
Di ragazzini
prodigio battezzati nelle serie televisive, varcato il nuovo millennio, sembra che se ne possano disperdere i
proseliti, visto con quanta commerciale audacia possano essere riciclati senza
tante pretese. Ma questo non poteva succedere tanto facilmente, naturalmente
quando si punta il dito nella culla sempreverde degli anni ’80, che ha visto
crescere alcuni dei talenti cinematografici che hanno firmato il proprio nome
nella walk of fame dello star system americano. Da Michael J. Fox a Tom Hanks,
da Ricky Schroder a Ron Howard, tanti aspiranti giovani attori hanno avuto il
merito di essere veri e propri talenti che hanno saputo mantenere alte le
aspettative di critica e meritato successo. Leonardo DiCaprio, classe ’74, è
decisamente uno degli ultimi “astri nascenti” di una felice casistica di
giovani pargoli. Partendo da un tanto altisonante cognome paterno, fumettista
dalle origini italo-napoletane, e da un nome avuto in merito ad un quadro del
noto Da Vinci, mentre la madre lo ammirava col piccolo in grembo, la carriera
dell’attore non poteva essere di miglior auspicio, contando su simili
presupposti natali. Iniziato dalla soap opera Santa Barbara e proseguito il cammino nel più renumerativo Genitori in blue jeans, il cinema lo accoglie con lo splatter Critters 3, firmato Kristine Peterson,
per approdare alle soglie del successo, dietro l’ombra di un avviato Johnny
Depp, nel Buon Compleanno Mr.Grape,
firmato Lasse Hallstrom. Il successo comincia ad arrivare con il biopic Poeti dall’inferno, diretto da Agnieszka
Holland, incentrato sullo scomodo rapporto omosessuale tra la coppia Arthur
Rimbaud e Paul Verlaine (David Thewlis), con un’interpretazione del giovane
DiCaprio che si preparava ad affrontare il successo venuto l’anno successivo
(1996), con la fresca e originale riedizione del classico di William
Shakespeare, Romeo+Giulietta, diretto
da Baz Luhrmann (oggi alle prese con Il Grande Gatsby), in coppia con la
docile Claire Danes. In contemporanea col meno pretenzioso La Stanza di Marvin (al fianco di Meryl Streep), il successo femminile del neo-Romeo si
riconferma con il Kolossal firmato James Cameron, Titanic, dove Kate Winslet sancisce un epico sodalizio
cine-sentimentale, ripreso dieci anni dopo col meno pluripremiato (11 statuette
per la cronostoria del transatlantico più renumerativo della storia del cinema)
Revolutionary Road, con la “mano
felice” di Sam Mendes che, analogalmente al fortunato American Beauty, cerca di dare una risposta adeguata al quesito
lasciato aperto da Cameron, sondando con amarezza le difficoltà di una coppia
“troppo importante”. Di riuscito richiamo, rimangono il “sospeso” Prova a prendermi, firmato da un
insolito Steven Spielberg, in coppia con un Tom Hanks più in sintonia con i
ritmi tipici del regista e lo storico classico, tratto dalla trilogia di Dumas,
La Maschera di Ferro, nei panni del
gemello di Re Lugi XIV, tenuto nascosto alle spalle del mondano fratello
sovrano e liberato dai ripresi e inediti tre moschettieri, con il guascone
Gabriel Byrne nei panni di D’Artagnan. Martin Scorsese lo ha diretto a più
riprese, cominciando con Gangs of New
York (2002), il capolavoro mancato del regista, in una sterile storia
cucita sullo spaccato storico di un’America prossima alla guerra Civile,
comprimario Daniel Day Lewis nei panni di Bill il Macellaio, padre adottivo del
giovane DiCaprio, di cornice alla storia. Segue The
Aviator (2004, Golden Globe come miglior attore), biografia sceneggiata
sulla vita del magnate, produttore (regista di due film) e costruttore di aerei
(proprietario della TWA), Howard Hughes, per proseguire con The
Departhed – il bene e il male, nuova incursione del regista sulla malavita
organizzata, graniticamente fossilizzata con un Jack Nicholson forse troppo
prosaico, per finire con Shutter Island, una sorta di redenzione
sulle estreme condizioni a cui vengono sottoposti i detenuti, riversando sul
ruolo di DiCaprio le angosce già esplorate da Eastwood in Changeling. Riuscito dramma fantasy-politico diretto da Christopher
Nolan (il papà dell’intera trilogia dell’ultimo Batman), con Inception (Ellen Page e Gordon Levitt da spalla), interessante
tessitura psicologica ad opera degli effetti speciali, sulla manipolazione celebrale, già avvalorata nell’83 da Douglas
Trumbull con Breinstorm – generazione
elettronica. Ad un soffio dall’Oscar per J. Edgar, diretto da Eastwood, sulle tracce del biopic più
controverso sulla vita del fondatore dell’F.B.I., Edgar Hoover. Una carriera
decisamente di tutto rispetto, per un giovane quarantènne che si può permettere
il lusso di raggelare i propri fuochi di successo, con l’incursione western
estrema di un Quentin Tarantino sempre in cerca di prodezze da Oscar, vedi
l’ultimo Django Unchained.
P. A. Vannucci
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