
Velocità
e buoni sentimenti, per la parabola "sognatrice" che fà tremare la
Disney-Pixar di Lasseter.
E’ proprio vero; "tremate, le corse sono tornate". O le lumache?
esclamerebbe un più combattivo Ron Howard che stà per scendere ai box di una
delle più attese sfide affidate ai bolidi su quattro ruote formato Formula Uno,
con il suo Rush, dedicato al periodo
d'oro siglato dal celebre duello firmato Niki Lauda-James Hunt (rispettivamente
Chris Hemsworth e Daniel Brhul), proprio mentre la computergrafica è diventata
l'additivo doping più supervalutato e abusato da ogni team sportivo... e qui si
parla di major che si contendono le platee cinematografiche di vacanzieri
"affamati" di pixel e originalità. Quando sembrava che Lasseter
avesse innalzato un muro di insuperabile maestria con il suo innovativo Cars, in quel Saetta McQueen oggi
rivisitato dalla stessa Disney (ora in veste di produttore esecutivo) con Dusty
Crophopper, piccolo aereoplano che sfida i cieli in analoghe competizioni da
vera star in Planes, ecco che la
DreamWorks di Spielberg (chi meglio di lui) non resta di certo a guardare,
visto il recente successo riscontrato con Le
Cinque Leggende, immergendo un pubblico abituato alla linea antidisneyana
battezzata con Shrek, per riprendere
quel sapore di tradizione che di certo non guasta. Il risultato? un vero mix di
zuccherosa filosofia in soffici forme colorate dalla simpatia dei personaggi,
ricordandoci di quel nonnino di Up
che tanto ci ha fatto commuovere, tra palloncini colorati che ci fanno vedere
il mondo dall'alto dei cieli (proprio per questo ha vinto un Oscar, nel 2010,
per l'animazione), ma questa volta la morale è riposta nei sogni di una giovane
lumaca che sembra convogliare tutti gli stereotipi delle favole di successo,
confermando una formula che è stata ammorbidita (forse) dalle recenti traversie
sociali "manipolate" dagli adulti, che sposano l'amarezza con la
soporifera redenzione di un lieto fine dal sapore di pop-corn e coca cola. Le
trame sembrano sempre rimandi volenterosi di piacevole abilità artigianale
(ebbene si, ora il cinema d'animazione è solo affidato alle penne ottiche e le
tavole grafiche dei cartoonist) ed i nomi di quei personaggi sono come le
macchiette uscite dalle tavole a fumetti della nostra infanzia. Nulla ci può scoraggiare
a volerci affezionare a Turbo,
geneticamente dopato a misura di sogni, affidato alla voce di Ryan Reynolds
(reduce dal Jordan di Lanterna Verde)
e Paul Giamatti, in quell'ambizione di correre tra l'asfalto di Indianapolis
che marcia al ritmo di un cuore che riesce a farci desiderare di essere sempre
vincitori. Almeno se accompagnati dai nostri figli!
Paolo Vannucci