lunedì 6 gennaio 2014

CAPITAN HARLOCK TRA LE STELLE

CAPITAN HARLOCK TRA LE STELLE
A quarant’anni dalla serie animata creata da Leiji Matsumoto, la Toei Animation rilancia in computer grafica 3D le avventure del celebre pirata dello spazio

James Cameron battezza il restyling in capture motion diretto da Shinji Aramaki, per un classico d’animazione destinato a durare. 

La generazione “geko” ha definitivamente consacrato il proprio feticcio migliore, volutamente riferito a chi, a distanza di quasi mezzo secolo, può finalmente dichiarare il proprio amore sviscerato per il manga d’autore, l’originale prodotto d’animazione creato da quella Toei Animation fondata negli anni cinquanta (56, per la precisione) che ha saputo dipingere una generazione appena nata di animazione senza occhi a mandorla, attingendo da quella cultura occidentale prestando attenzione ai classici del romanzo per i più piccini, passando dalle fortunate serie animate in quel di Heidi e Remì, per toccare paradisi di audacia inventiva nello sfoderare gli araldi di quella tradizione negli originali Lady Oscar e Candy. Se Goldrake rimane il primo prodotto che ha fatto la sua prima apparizione nella programmazione televisiva italiana, a Kyashan è stato affidato il merito di essere quel moderno epicentro di narrativa e clichè che hanno saputo elargire un vero omaggio cinemtatografico riposto nel film diretto da Kazuaki Kiriya e interpretato da un giovane Yusuke Iseya nel ruolo del ragazzo androide, moderno elisir di un Blade Runner rivestito a dovere, abbandonando le vesti un cinema ancora attaccato alle tradizioni Shogun (nel bene e nel male). Oggi siamo arrivati alla consacrazione di un altro grande culto di quella cultura animata, che tutti riconoscono con il nome di Capitan Harlock (sigla musicale della Fonit Cetra italiana a parte), già devoluto nel film d’animazione uscito nel 2003, a cui l’Arcadia di oggi deve il moderno restyling grafico a prova di arrembaggio, come rinnovato Ghost Ryder dello spazio a cui tutti devono quella Libertà che dall’impero di Star Wars sembra abbia patteggiato molti dei rimandi che si ricollegano all’originale Star Blazers , sempre scritto e illustrato da Matsumoto e con all’attivo tre edizioni televisive e cinque film, anticipando nel ‘75 il mito di George Lucas, nelle sorti di un attuale Pacific Rim che è venuto ai patti nelle paciose forme di un Astroganga ripulito a dovere (e qui si arrovellano i geko fedeli al cartone animato d’annata). Se Cameron è rimasto estasiato da una capture motion all’altezza delle aspettative, la tessitura musicale di Tetsuya Takahashi non è certo da meno (senza privarsi di quegli intramezzi musicali cari ai ritornelli made in Japan), per questa epopea spaziale che strizza l’occhio e alle forme di un Andrew Garfield preso in prestito (ci mancherebbe pure...) per una missione impossibile complessa e ricostruita con dovizia di mestiere. Della storia originale ci sono tutti i capisaldi che devono il pregio della serie animata, dalla bellissima Yuki al mozzo Yattaran, per abbandonarci alla divagazione d’obbligo (come sdoppiamento dello stesso pirata Harlock) nel cinematografico odierno Yama, che ha sostituito il giovane Tadashi Dayo del cartone animato, senza però intaccare motivazioni e trame fedeli all’originale. Il risultato è un concentrato di pura fantascienza e moderna computergrafica che ha deliziato la 70esima Mostra del Cinema di Venezia (presentato fuori concorso), per aprire la stagione cinematografica post-vacanziera del 2014, in sala dal 1° gennaio. E con un battesimo del fuoco del genere non c’è che da aspettarsi il meglio. 
      

Paolo Vannucci

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