mercoledì 29 maggio 2013

DiCinema: la nuova Hollywood


Un viaggio nello star system mondiale, per conoscere gli attori e i registi  che hanno rinnovato l’ultima generazione di miti in celluloide

Uno dei volti più rappresentativi della Hollywood “perbene”, nel  fascino senza tempo di un talentuoso Leonardo DiCaprio.
  
Di ragazzini prodigio battezzati nelle serie televisive, varcato il nuovo millennio,  sembra che se ne possano disperdere i proseliti, visto con quanta commerciale audacia possano essere riciclati senza tante pretese. Ma questo non poteva succedere tanto facilmente, naturalmente quando si punta il dito nella culla sempreverde degli anni ’80, che ha visto crescere alcuni dei talenti cinematografici che hanno firmato il proprio nome nella walk of fame dello star system americano. Da Michael J. Fox a Tom Hanks, da Ricky Schroder a Ron Howard, tanti aspiranti giovani attori hanno avuto il merito di essere veri e propri talenti che hanno saputo mantenere alte le aspettative di critica e meritato successo. Leonardo DiCaprio, classe ’74, è decisamente uno degli ultimi “astri nascenti” di una felice casistica di giovani pargoli. Partendo da un tanto altisonante cognome paterno, fumettista dalle origini italo-napoletane, e da un nome avuto in merito ad un quadro del noto Da Vinci, mentre la madre lo ammirava col piccolo in grembo, la carriera dell’attore non poteva essere di miglior auspicio, contando su simili presupposti natali. Iniziato dalla soap opera Santa Barbara e proseguito il cammino nel più renumerativo Genitori in blue jeans,  il cinema lo accoglie con lo splatter Critters 3, firmato Kristine Peterson, per approdare alle soglie del successo, dietro l’ombra di un avviato Johnny Depp, nel Buon Compleanno Mr.Grape, firmato Lasse Hallstrom. Il successo comincia ad arrivare con il biopic Poeti dall’inferno, diretto da Agnieszka Holland, incentrato sullo scomodo rapporto omosessuale tra la coppia Arthur Rimbaud e Paul Verlaine (David Thewlis), con un’interpretazione del giovane DiCaprio che si preparava ad affrontare il successo venuto l’anno successivo (1996), con la fresca e originale riedizione del classico di William Shakespeare, Romeo+Giulietta, diretto da Baz Luhrmann (oggi alle prese  con Il Grande Gatsby), in coppia con la docile Claire Danes. In contemporanea col meno pretenzioso La Stanza di Marvin (al fianco di Meryl Streep),  il successo femminile del neo-Romeo si riconferma con il Kolossal firmato James Cameron, Titanic, dove Kate Winslet sancisce un epico sodalizio cine-sentimentale, ripreso dieci anni dopo col meno pluripremiato (11 statuette per la cronostoria del transatlantico più renumerativo della storia del cinema) Revolutionary Road, con la “mano felice” di Sam Mendes che, analogalmente al fortunato American Beauty, cerca di dare una risposta adeguata al quesito lasciato aperto da Cameron, sondando con amarezza le difficoltà di una coppia “troppo importante”. Di riuscito richiamo, rimangono il “sospeso” Prova a prendermi, firmato da un insolito Steven Spielberg, in coppia con un Tom Hanks più in sintonia con i ritmi tipici del regista e lo storico classico, tratto dalla trilogia di Dumas, La Maschera di Ferro, nei panni del gemello di Re Lugi XIV, tenuto nascosto alle spalle del mondano fratello sovrano e liberato dai ripresi e inediti tre moschettieri, con il guascone Gabriel Byrne nei panni di D’Artagnan. Martin Scorsese lo ha diretto a più riprese, cominciando con Gangs of New York (2002), il capolavoro mancato del regista, in una sterile storia cucita sullo spaccato storico di un’America prossima alla guerra Civile, comprimario Daniel Day Lewis nei panni di Bill il Macellaio, padre adottivo del giovane DiCaprio, di cornice alla storia. Segue  The Aviator (2004, Golden Globe come miglior attore), biografia sceneggiata sulla vita del magnate, produttore (regista di due film) e costruttore di aerei (proprietario della TWA), Howard Hughes, per proseguire con  The Departhed – il bene e il male, nuova incursione del regista sulla malavita organizzata, graniticamente fossilizzata con un Jack Nicholson forse troppo prosaico, per finire con  Shutter Island, una sorta di redenzione sulle estreme condizioni a cui vengono sottoposti i detenuti, riversando sul ruolo di DiCaprio le angosce già esplorate da Eastwood in Changeling. Riuscito dramma fantasy-politico diretto da Christopher Nolan (il papà dell’intera trilogia dell’ultimo Batman), con Inception (Ellen Page  e Gordon Levitt da spalla), interessante tessitura psicologica ad opera degli effetti speciali, sulla manipolazione  celebrale, già avvalorata nell’83 da Douglas Trumbull con Breinstorm – generazione elettronica. Ad un soffio dall’Oscar per J. Edgar, diretto da Eastwood, sulle tracce del biopic più controverso sulla vita del fondatore dell’F.B.I., Edgar Hoover. Una carriera decisamente di tutto rispetto, per un giovane quarantènne che si può permettere il lusso di raggelare i propri fuochi di successo, con l’incursione western estrema di un Quentin Tarantino sempre in cerca di prodezze da Oscar, vedi l’ultimo Django Unchained.

P. A. Vannucci   

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