mercoledì 6 marzo 2013

Mamma mia... IL GRANDE E POTENTE Oz!


Dopo Alice in Wonderland, Sam Raimi e James Franco all’appello in casa Disney per il prequel del romanzo di L. Frank Baum

Effetti speciali e atmosfere “prese in prestito” dal cinema di Gilliam e Barton, per una  delle favole fantasy più celebrative della letteratura di Baum, nel Il Meraviglioso Mago di Oz.   

Mamma mia!... non vi preoccupate, non stiamo parlando del musical diretto da Phyllida Lloyd (si proprio quello, con una Meryl Streep che duettava con le pirotecniche canzoni degli Abba) e nemmeno della “recente” versione voluta dal Re del pop Michael Jackson, con una virginale Diana Ross alle prese  con mattoni gialli e uomini di pezza (I’m Magic / The Wiz), perdipiù diretta da Sidney Lumet. Stiamo parlando di un riassaggio disneyano ad opera d’arte, “purtroppo” preceduto da un recente viaggio colorato da Tim Burton, impreziosito da un Cappellaio d’eccezione, nella chioma arancio di Johnny Depp e uno Stregatto (che più stregatto non si può) nelle spirali della computergrafica in 3D. Facciamo un passo indietro, cominciando dal pionieristico Barone diretto in primis da George Méliès, quel Munchausen illustrato a fine ottocento e remixato da un Terry Gilliam, vestito dai Monty Python e condito in salsa Lewis Carroll. Penso che ci si possa accontentare di tanta magistrale cinematografia dai presupposti letterari. Ma, ovviamente,  non per la Disney, che ha pensato bene di assumere Sam Raimi, trascinando nella magica tela anche James Franco, meravigliosamente mago nei panni di Oscar Diggs, intrepido illusionista che abbandona il mondo reale (un circo nella polverosa Kansas) per trovarsi scaraventato in mongolfiera, nella città di Oz. Se pensare di essere grande può essere impresa di non poco conto, a rammentarlo ci pensano tre ammalianti streghe che diffidano il saccente mago agli occhi del popolo, e per questo compito sono state investite di poteri le conturbanti Mila Kunis (svezzata dall’orsacchiotto Ted, per il ruolo di Theodora), Michelle Williams (Glinda e il doppio ruolo della proverbiale compagna Annie) e Rachel Weisz (in mummifiche riesumazioni da Evanora), solo per farlo diventare umanamente un Mago migliore. Se Victor Fleming aveva dato il meglio di se con una Judy Garland in treccine e grembiulino, abbracciando un leone senza coraggio (Bert Lahr), un uomo di latta senza cuore (Jack Haley), uno spaventapasseri senza cervello (Ray Bolger), per un mago che non è quello che sembra... allora possiamo toglierci tanto di cappello, al cospetto di un ennesimo prequel sotto il libero arbitrio degli autori Mitchell Kapner e David Lindsay-Abaire, tratto ovviamente dai 13 racconti di L. Frank Baum, autore anche di tre cortometraggi girati dal 1913 al 14, considerando anche una prima bobina del 1910.  Se la meraviglia non è un’opinione, possiamo solo immergerci in questa “originale” scenografia di Robert Stromberg, dove gli effetti speciali devoti al 3D assorbono l’espressionismo tedesco, chiave di lettura che legava le opere di G. Dorè e lo stesso Lewis Carroll, diventando il virtuosismo grafico che può “vertiginosamente” strabiliare nella buffoneria esorbitante in cui Terry Gilliam ci aveva introdotto. Le architetture metropolitane nebulizzate in colorate aurore, già decantate nella celeberrima “Over the Rainbow” premiata con l’Oscar nel ’39, assumono un valore di ineguagliabile potere evocativo, non potendo non citare l’analogo Parnassus – L’uomo che non poteva ingannare il diavolo, sempre diretto da Gilliam nel 2009, in quel valzer “agrodolce” diventato la celebrazione postuma di Heath Ledger, nei ruoli cameo affidati ai “sostituti d’eccezione” Johnny Depp, Jude Law e Colin Farrell. Allora... non è tutto come può sembrare?  Forse...       

Paolo Vannucci

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