giovedì 31 maggio 2012

Ma quale CANNES?


Impeccabili, denigratori e autentici: i film che hanno insignito la 65° edizione del Festival di Cannes, nel nome di Cronenberg

Dalla Palma d’Oro del regista/attore Michael Haneke con Amour, alla nemesi esistenziale di Robert Pattinson, per finire con la grottesca “denuncia” all’italiana di Matteo Garrone.    

Per il Red Carpet più atteso della stagione cinematografica mondiale made in Europa, c’erano proprio tutti, patrocinati da un Nanni Moretti “rispettabilmente”entusiasta di come siano stati egregiamente devoluti oneri e meriti ad un cinema che nella semantica contemporanea ha dimostrato di essere all’altezza di una Società dichiaratamente in crisi di “Valori”. Mentre Michelle Williams rievoca le grazie patinate della Monroe, nel biopic dell’attrice intramontabile di una plasticità iconastica che l’ha consacrata sino all’estremo, le stelle contemporanee non hanno di certo risentito di mancata celebrità, partendo da una Kidman sempreverde (The Paperboy), seguita da un Brad Pitt che sembra non risentire ancora dell’incedere di nuove leve destinate allo scettro di sex-symbol, richiamato da Andrei Dominik dopo il “colpaccio” di Jesse James, per Killing Them Softly. Ma Cannes è fatto per il Cinema, ed è quello che è stato soppesato, criticato e giustamente premiato, lasciando quei vuoti destinati ai nomi che hanno mantenuto tante attese aspettative, enunciando il tanto declamato David Cronenberg, “astro cadente” dell’edizione,  giustamente innalzato dalla critica per il suo Cosmopolis, complice il carisma del meritevole Robert Pattinson, “provato” da una sceneggiatura che lo ha voluto in viaggio su una bianchissima auto di lusso, alle prese con i problemi finanziari di un ventottenne uomo in carriera, “separato in casa” da una Kirsten Stewart, nell’analogo On the Road di Walter Salles. La Palma d’Oro è toccata al film intimista, diretto e interpretato da Michael Haneke, Amour,  nella tragedia della malattia che segna la vita di due coniugi artisti, tracciando un profilo umano da intenditori (già vincitore nel 2008 con Il nastro bianco),  facendo dimenticare le improbabili scivolate fuori concorso, vedi l’improponibile Dario Argento’s Dracula, affiancabile solo al Madagascar 3, per non deturpare l’autentica maestria di Bernardo Bertolucci con il suo Io e Te. Ma l’Italia ha ancora una volta avuto il suo Garrone quotidiano, bissando il precedente Gomorra (increduli, dopo le traversie giudiziarie), riproponendo grottesche marionette di una povertà partenopea che nei "prograammi" verità televisivi riesce a trovare la propria giusta autoeliminazione. Per chi volesse sapere il titolo, dopo i vari cinepanettoni vacanzieri alla Vanzina, a cui il regista deve tutto... Reality.

Palma d’oro: Amour di Michael Haneke
Gran premio: Reality di Matteo Garrone
Miglior attrice: ex aequo per Cristina Flutur e Cosmina Stratan in Beyond the Hills di Cristian Mungiu
Miglior attore: Mads Mikkelsen in The Hunt di Thomas Vinterberg
Miglior regia: Post tenebras lux di Carlos Reygadas
Miglior sceneggiatura: Beyond the Hills di Christian Mungiu
Premio della giuria: The Angels’ Share di Ken Loach

Paolo Vannucci

mercoledì 16 maggio 2012

DiCinema: la nuova Hollywood


Un viaggio nello star system mondiale, per conoscere gli attori e i registi  che hanno rinnovato l’ultima generazione di miti in celluloide

Scaltro amatore, irriverente e sportivo dongiovanni: il volto di Hollywood che ha segnato la nuova commedia americana, nel talento di Dennis Quaid.
  
Beffardi e impegnati, con quella “faccia da canaglia” che scioglie i cuori di ferventi ammiratrici e “invidiosi” emulatori di tanta disinibita ostentazione. Hollywood li ha sempre cercati così, in bilico tra realtà e finzione, come ogni vero artista deve essere.  Dennis Quaid è decisamente uno degli attori che ha saputo deliziare la sofisticata commedia, senza danneggiare il risvolto drammatico che ogni talento deve saper confermare. Fratello di Randy Quaid, senza dubbio di comprimario valore nella carriera artistica di entrambi, la carriera da Dennis stenta a “decollare”, prima con un battesimo televisivo nella serie TV Baretta, per passare al primo cinecult firmato Peter Yates, All American Boys, 6 nomination all’Oscar e uno vinto per la sceneggiatura, elaborata revisione del sogno americano costruito sulla determinazione sportiva, non l’ultimo, visto l’analogo biopic sul football girato in coppia con Jessica Lange, Un Amore una Vita. Incursione “ad effetto” nel terzo episodio della saga battezzata da Spielberg de Lo Squalo, per approdare al celebrato cult fantascientifico-intimista di Wolgang Petersen, Il Mio Nemico, insieme a Louis Gossett Jr. nel ruolo dell’alieno, parabola cinematografica sulla diversità. Ritorno di fiamma del regista Peter Yates con il drammatico Suspect-Presunto colpevole, in coppia con la cantante-attrice Cher sulla scia delle aule di tribunale,  per approdare alla felice commedia di successo, Innerspace-Salto nel buio, restyling del cult diretto da Richard Fleischer  nel ’66, Viaggio Allucinante, con la vena comica irresistibile di Martin Short, vincitore di un Oscar per gli Effetti Speciali, coprodotti da Spielberg. Grande incursione musicale sulla vita di Jerry Lee Lewis, nel Great Balls of Fire diretto da Jim McBride, con Winona Ryder nei panni della cugina, per consolidare la propria capacità e talento nel capolavoro di Alan Parker, Benvenuti in Paradisoepopea famigliare (deliziosa Tamlyn Tomita) sullo sfondo della Seconda Guerra Mondiale, tra i campi di prigionia per i deportati nipponici in terra americana. Lawrence Kasdan lo vuole nel Doc Hollyday di Wyatt Hearp, mentre Rob Cohen lo rilancia nel fantasy con Dragonheart, primo prequel di un filone che farà la fortuna di Peter Jackson nel nuovo millennio, per approdarci con il drammatico Frequency-Il Futuro è in ascolto, diretto da Gregory Hoblit, comprimario di James Caviezel. Roland Emmerich lo conferma nell’apocalittico The Day After Tomorrow, per poi deliziare la commedia patinata nel In Good Company, complici Scarlett Johansson e Topher Grace, diretti da Paul Weitz. Incursioni di analoga importanza, nei successivi G.I. JOE-La nascita dei COBRA, e il restyling voluto da Craig Brewer del cinemusical Footloose.

Di seguito, tutti i film interpretati dall’attore:

Baretta (1977) - serie Tv
All American Boys (Breaking Away) (1979), regia di Peter Yates
I cavalieri dalle lunghe ombre (The Long Riders) (1980), regia di Walter Hill
La notte in cui si spensero le luci in Georgia (The Night the Lights Went Out in Georgia) (1981), regia di Ronald F. Maxwell
Il cavernicolo (Caveman) (1981), regia di Carl Gottlieb
Bill (1981), regia di Anthony Page - Film TV
Dreamscape, fuga nell'incubo (Dreamscape) (1983)
Lo squalo 3 (Jaws 3) (1983), regia di Joe Alves
Uomini veri (The Right Stuff) (1983), regia di Philip Kaufman
Il mio nemico (Enemy Mine) (1985), regia di Wolfgang Petersen
Suspect - Presunto colpevole (Suspect) (1987), regia di Peter Yates
The Big Easy (The Big Easy) (1987), regia di Jim McBride
Salto nel buio (Innerspace) (1987), regia di Joe Dante
D.O.A. cadavere in arrivo (Dead on Arrival) (1988)
Un amore una vita (Everybody's All American) (1988), regia di Taylor Hackford
Great Balls of Fire! - Vampate di fuoco (Great Balls of Fire) (1989), regia di Jim McBride
Benvenuti in paradiso (Come See the Paradise) (1990), regia di Alan Parker
Cartoline dall'inferno (Postcards From the Edge) (1990), regia di Mike Nichols
Coppia d'azione (Undercover Blues) (1993), regia di Herbert Ross
Triangolo di fuoco (Wilder Napalm) (1993)
Omicidi di provincia (Flesh and Bone) (1993), regia di Steve Kloves
Wyatt Earp (Wyatt Earp) (1994), regia di Lawrence Kasdan
Qualcosa di cui... sparlare (Something to Talk About) (1995), regia di Lasse Hallström
Dragonheart - Cuore di drago (Dragonheart) (1996), regia di Rob Cohen
Istinti criminali (Gang Related) (1997), regia di Jim Kouf
Linea di sangue (Switchback) (1997), regia di Jeb Stuart
Scherzi del cuore (Playing By Heart) (1998), regia di Willard Carrol
Genitori in trappola (The Parent Trap) (1998), regia di Nancy Meyers
Savior (Savior) (1998), regia di Predrag Antonijević
Ogni maledetta domenica (Any Given Sunday) (1999), regia di Oliver Stone
Frequency - Il futuro è in ascolto (Frequency) (2000), regia di Gregory Hoblit
Traffic (Traffic) (2000), regia di Steven Soderbergh
A cena da amici (Dinner with Friends) (2001), regia di Norman Jewison - Film Tv
Un sogno, una vittoria (The Rookie) (2002), regia di John Lee Hancock
Lontano dal paradiso (Far From Heaven) (2002), regia di Todd Haynes
Oscure presenze a Cold Creek (Cold Creek Manor) (2004), regia di Mike Figgis
The Day After Tomorrow - L'alba del giorno dopo (The Day After Tomorrow) (2004), regia di Roland Emmerich
Alamo - Gli ultimi eroi (The Alamo) (2004), regia di John Lee Hancock
Il volo della fenice (The Flight of the Phoenix) (2004), regia di John Moore
In Good Company (In Good Company) (2005), regia di Paul Weitz
I tuoi, i miei e i nostri (Yours, Mine and Ours) (2006), regia di Raja Gosnell
American Dreamz (American Dreamz) (2006), regia di Paul Weitz
Prospettive di un delitto (Vantage Point) (2008), regia di Pete Travis
The Express (The Express) (2008), regia di Gary Fleder
The Horsemen (The Horsemen) (2008), regia di Jonas Åkerlund
G.I. Joe - La nascita dei Cobra (G.I. Joe: Rise of Cobra) (2009), regia di Stephen Sommers
Pandorum - L'universo parallelo (Pandorum) (2009), regia di Christian Alvart
Legion (Legion) (2010), regia di Scott Stewart
I due presidenti (The Special Relationship) (2010), regia di Richard Loncraine
Footloose (2011), regia di Craig Brewer
Che cosa aspettarsi quando si aspetta (What to Expect When You're Expecting), regia di Kirk Jones (2012)

venerdì 4 maggio 2012

Hollywood si rinnova con la sfida di HUNGER GAMES

Cacciatori e vittime, nell’arena apocalittica nata dalla scrittrice Suzanne Collins, per il nuovo culto adolescenziale post Twilight

  Fantascienza intrisa di rimandi a un cinema che “sacrifica” soggetti adulti e problematiche giovanili, per la nuova fenice diretta da Gary Ross. 

 E’ inutile opporsi alle pretese delle nuove generazioni, quando sembra tutto manovrato da un “Mangiafuoco” che è sempre in cerca di svogliati seguaci di un cinema disimpegnato, ma che riesce ad entusiasmare “grandi e piccini”, spettatori paganti di una nuova moda di favole narrate nell’era dell’Ipad. Tutto è iniziato nei ‘70 chic, quando Michael Anderson rielaborò il romanzo scritto a quattro mani da William F. Nolan e Geoge Clayton Johnson, per essere quel La Fuga di Logan, sobriamente interpretato da Michael York e Peter Ustinov, novella futurista di una società regolata da un Carosello che raggira devoti contribuenti, nel nome di una Fede debellata da uno Statuto assassino. Stessa ideologica sorte per il culto uscito l’anno successivo (siamo nel 1976) firmato da Norman Jewison, dove un James Caan era (o sarà?) il gladiatore idolo di una Società che è riuscita a debellare la Guerra, incanalando Violenza e Sport in unico tributo chiamato Rollerball. Assuefatti ma non stanchi, ci ha riprovato Michael Bay nel 2005 (The Island), anestetizzando una Società tenuta “nascosta”, perfetti cloni di un mondo reale che garantisce privilegi e benessere alla classe più abbiénte. Oggi è il turno di Gary Ross, reduce da un analogo Pleasentville, per decorare di misticismo cinematografico, la trilogia scritta da Suzanne Collins. Il titolo è The Hunger Games, opera senza sequel, làscito delle innumerevoli saghe dedicate al culto vampiresco iniziato dalla Meyer con Twilight, oggi all’ultimo capitolo in attesa per l’uscita in sala in quel di Novembre. La nuova eroina è servita a dovere (Jennifer Lawrence, alias Katniss), moderna Cenerentola con la Sindrome di Robin Hood, immolata al gioco crudele per salvare la sorellina dodicenne, estratta dalla Lotteria che declama i Tributi, elargiti con cinica sobrietà televisiva, degnamente caratterizzata da Stanley Tucci (il conduttore Caesar Flickerman). Un apocalittico Reality Show dove i partecipanti ne possono solo uscire realmente sopravvissuti (complici le traversie Made in Italy offerte dalla RAI?), e sotto gli occhi di uno spettatore pagante (noi) che contuiniamo a chiedere sempre di più. La morale cinica di uno spettacolo circense interattivo, dove gli SMS che decretano le nomination sono veri e propri doni di cibo che “aiutano” i partecipanti a proseguire alla loro stessa autoeliminazione. Morte e Romanticismo sono, dunque, i principi animatori di questa giostra psichedelica, orchestrata dal regista, che allunga le mani “a più non posso”, tra gli stessi istrionismi cromatici offerti da Buz Luhrmann nel suo “autentico” Romeo+Giulietta, immergendo Lenny Krevitz (Cinna), Donald Sutherland (Presidente Snow) e lo stesso Woody Harrelson (l’anima redentrice Haymitch), in questa “aberrante” love story a lieto fine, dove il male viene sempre punito e l’esito è un risultato ambiguo di quella stessa equazione. Chi sarà la prossima vittima?

 Paolo Vannucci