martedì 23 agosto 2011

Elia Kazan "secondo" Martin Scorsese


Nel 150° anniversario dell’unità nazionale, retrospettiva di un cineasta che ha celebrato il cinema drammatico, attraverso l’intenso ritratto raccontato dal regista Martin Scorsese

Appunti di un diario scritto da un regista per un regista che ha istruito il cinema hollywoodiano.

Ci voleva il “D-day” nazionale italiano per poter riavvicinare la cultura popolare nel nome dell’educazione cinematografica spogliata dalle inibizioni date da quel pilastro battezzato Actor’s Studio, fondato nel 1948 dallo stesso Kazan insieme a Lee Strasberg, e che ha fatto conoscere al mondo e a intere generazioni di fedeli seguaci, i grandi attori negli esordienti Marlon Brando, James Dean, Gregory Peck e la stessa Liz Taylor. Tutto sembra paradossalmente lo specchio di una Italia che cerca di rinvigorire le proprie radici, annaffiandole con un campanilismo culturale che vuole rafforzare quello spirito ridotto in stracci da un ordine politico che non sembra volerne venire a capo, da uno sfaldamento sociale dei valori che ci riportano a quella Italia “povera” rinata nel dopoguerra, sfaldata in quel Regno costretto a recedere nel nome di una neo-Repubblica creata da un regime fascista annientato da uno spirito partigiano che è figlio di quel risorgimento che ha “librato” animi letterari intinti in quei nomi celebri di statisti che non sembrano assomigliare in nulla all’Italia politicante di oggi. La Libia ha dimostrato di essere quel ponte di rigetti formali che ha fatto diventare il nostro paese quella prova di anti-razzismo che ciascuno di noi non vuole avere il coraggio di rinfacciare... Tutto questo è l’anima e il talento di un regista che ha saputo raccontare i travagli emotivi e sentimentali dati dallo stato sociale di un Paese che accomuna le debolezze e le fragilità di ogni uomo, passando dal realismo culturale a quello romanzato (La Valle dell’Eden rimane il classico teatrale più adorato della storia del cinema), scavando nelle paure date da quelle tematiche sociali che passano dall’immigrazione (quale tema più vicino a noi) raccontata ne Un albero cresce a Brooklyn, alla lotta di classe ne Il Mare d’Erba, per destabilizzare la stessa “informalità” politica di un uomo di sinistra, scomodo per quell’America democratica che non sapeva scindere il comunismo dei tempi con uno spionaggio che debellava “a tutti i costi” simpatie troppo di parte. A Kazan è toccato il peso di un ideale troppo progressista per quei giorni, raccontando la propria tragedia personale nel film più rappresentativo della sua carriera, in quel Fronte del Porto che ha consacrato il mito di Marlon Brando, mascherando il proprio “tradimento” con una mafia riveduta dalla sceneggiatura. Martin Scorsese lo ha così celebrato come solo lui è capace di raccontare, anacronistico e con l’occhio di un cineasta che ama “gesticolare” con la cinepresa, da vero italiano DOC, nel film A Letter to Elia, lo stesso libro scritto in coppia con Kent Jones, un diario di appunti, ricordi e devozioni a un grande “compagno” del cinema mondiale. Bologna lo ha voluto ricordare ne “Sotto le Stelle del Cinema 2011”, la più grande rassegna di cinema all’aperto, “caduta” nel mese di luglio... mentre noi continuiamo a ricordarlo, oltre ogni ricorrenza di parte, come un Grande Regista che rimarrà per sempre.

Paolo Arfelli

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